giovedì 8 ottobre 2015


Online il nuovo blog di Mario Piccoli, presidente di Career Counseling: mariopiccoli.com.
Un interessante spazio di approfondimento sui temi del Lavoro ma soprattutto delle Carriere. Buona Lettura!

martedì 15 settembre 2015

CRESCONO I CONSUMI. E IL LAVORO?
Tre domande a Mario Piccoli




I dati recentemente diffusi dal Centro studi di Confcommercio segnalano a luglio 2015 una crescita dello 0,4% rispetto a giugno ed un incremento del 2,1% tendenziale, la variazione più elevata degli ultimi cinque anni. Piccoli segnali di speranza che vanno presi ed analizzati con una prudenza quasi obbligatoria, visti gli anni di crisi e stagnazione costante dell’economia. Riusciranno questi ultimi dati a dare risvolti positivi su occupazione e lavoro? Lo abbiamo chiesto a Mario Piccoli di Career Counseling.


Dott. Piccoli, i nuovi dati diffusi da Confcommercio sembrano far rima con la parola “ripresa”. Possono secondo lei tradursi in nuovi posti di lavoro?

Quando c’è fumo un po’ d’arrosto ci sarà pure, Il 2,1% di crescita dei consumi su luglio 2014 è la miglior performance da 2 anni. Il dato è spinto dal settore auto ed elettrodomestici, mercati di sostituzione, molto consumer. Non aspettiamoci nessuna grande e duratura ripresa, dobbiamo prendere questo segnale per fare con più convinzione ben altri sforzi. Queste sono comunque risorse che riprendono a circolare. Possono sparire senza lasciar traccia o possono aggiungersi ad altri segnali, maggiore propensione degli investitori esteri a considerare l’Italia un buon terreno d’azione e per le imprese globali la conferma dell’Italia come mercato di consumo interessante per reddito procapite e per numero di consumatori.




Quali sono e saranno settori maggiormente coinvolti dalla ripresa, e quali offriranno più opportunità?

L’indotto industriale, i servizi per l’imprenditoria e l’innovazione sia tecnica che commerciale beneficeranno di questa situazione. Ma per trasformarli in ripresa stabile dovrà spingere sull’innovazione prodotto, la trasformazione dei modelli organizzativi e l’aggressione su nuovi mercati.



Come meglio presentarsi per cogliere queste opportunità che il mercato del lavoro sta offrendo?

Il mercato del lavoro, anche in questo caso, dimostra la sua peculiarità: non è e non sarà mai più un mercato di “sostituzione”. Ricupera solo chi è coerente con l’innovazione e il cambiamento. Questo non riguarda soltanto aspetti tecnici o fasce alte di professionalità e ruolo, ma coinvolge trasversalmente tutti. Non basta poter dire ho fatto questo e quello, ma o poco o tanto dobbiamo saper proporre “farò questo, che potrà dare di più all’azienda”. A questo siamo troppo impreparati, non sui contenuti, ma su come andarli a ricuperare dentro di noi e nelle nostre esperienze e ancor di più come rappresentarlo e “venderlo” alla ed in azienda. Career Counseling da 25 anni aiuta i propri clienti e oggi è in grado di guidarli e aiutarli ad avere successo in questo che possiamo definire “nuovo mercato del lavoro”

mercoledì 9 settembre 2015

LA CHIAVE DEL SUCCESSO NELLA RICERCA DEL LAVORO: INTERVISTA A LUIGI CASTRIANNI



Nonostante timidi e contraddittori segnali positivi ricollocarsi è sempre più un’impresa ardua. C’è la crisi, ma ancor di più è cambiato il mondo intorno a noi e noi non siamo preparati a questi cambiamenti. Come possiamo guidare le persone che si rivolgono a noi per essere aiutate? Come renderle più preparate, più forti per affrontare il percorso che porta alla nuova occupazione? Come facilitargli questa strada? Come farli diventare degli “atleti” del colloquio e del successo?
Ne parliamo con uno dei nostri esperti, il Dott. Luigi Castrianni.

Dott. Castrianni, quanto è importante l’attenzione alla persona nel mestiere nella consulenza di outplacement e quali sono le caratteristiche peculiari che un professionista di questo servizio dovrebbe avere?

Il consulente di outplacement deve rispondere ai bisogni del candidato, coinvolgendolo in un percorso di crescita e sviluppo che produca azioni concrete utili alla ricollocazione. La prima azione che il consulente deve mettere in campo è proprio l'attenzione alla persona. Solo in questo modo può esplorare ad alti livelli e mettere a fuoco gli obiettivi da raggiungere. È fondamentale che il servizio sia modellato su un criterio di soggettivizzazione, condiviso con il candidato e orientato al soddisfacimento delle sue ambizioni e aspettative. In Career Counseling puntiamo forte sulla dimensionalità del servizio, tenendo conto di tutte le sfere che influenzano la vita della persona: personale, familiare, relazionale, territoriale e professionale. Il nostro lavoro è trovare soluzioni e, per farlo nel migliore dei modi, dobbiamo lavorare sul candidato a 360 gradi. Così come dobbiamo aiutare le persone a utilizzare le diverse identità del proprio essere per rispondere al meglio alle molteplici e sempre più difficili sfide della vita professionale.

Parlando degli aspetti più interessanti da Lei citati, quelli di “identità”, della “dimensionalità” e della “soggettivizzazione”, ci può citare una Sua esperienza concreta e recente in cui ha utilizzato queste pratiche? Quanto hanno influito sul successo dei percorsi da Lei proposti?

Negli ultimi mesi ho seguito un gruppo di candidati molto eterogeneo con professionalità assai diverse: dal panettiere al project manager, dal contabile all’architetto e dal magazziniere all’informatico. Su tutti, a prescindere da profili e competenze, questo approccio innovativo ha prodotto ottimi risultati, scardinando resistenze e facilitando non poco il raggiungimento degli obiettivi. Le persone colgono il valore aggiunto di queste pratiche che abbiamo scelto come carattere distintivo del nostro servizio; grazie ad esse i candidati si sentono aiutati e seguiti a tutto tondo, lasciandosi guidare all’interno di un percorso di ricollocazione che li vede più coinvolti e in cui investono più energie e risorse. Nel nostro settore l’empowerment è sempre garanzia assoluta di successo.

Cosa si sentirebbe di consigliare ad una persona che si trova oggi nella situazione di doversi ricollocare nel mondo del lavoro?

Il problema che abbiamo in Italia, in questo passaggio storico denso di trasformazioni, è la fiducia nel cambiamento. Troppo spesso il senso comune ci porta alla rassegnazione e ci fa perdere la fiducia, errore assolutamente da evitare. Il concetto di "job for life" non esiste più da tempo. E'
cambiato il mercato del lavoro, ma anche il modo di approcciarsi alla propria carriera. La mobilità tra ruoli, organizzazioni e progetti offre delle opportunità professionali che molti non colgono e che invece dobbiamo essere in grado di trasformare in posti di lavoro. Oggi il consulente di outplacement si trova davanti alla grande sfida di guidare le persone all’interno di questi cambiamenti epocali. Chi cerca lavoro, una volta disegnato un obiettivo professionale, deve perseguirlo con determinazione, proiettandosi nel futuro e liberandosi da credenze e rigidità legate a un passato che non esiste più.

venerdì 5 giugno 2015

Spariranno 1 miliardo e 300 milioni di posizioni lavorative entro il 2020



In un recente meeting nella Silicon Valley con i rappresentanti dei maggiori Governi, Organizzazioni ed imprese a livello mondiale, sono state discusse le prospettive a breve e medio termine e i movimenti del mercato del lavoro globale. Sembra che ci si trovi in un cambiamento epocale di dimensioni e qualità con pochi paragoni nella storia (alcuni trovano riferimenti nella preistorica scoperta del fuoco e nell’invenzione della ruota): si è stimata la scomparsa entro i prossimi 5 anni di più di un miliardo di posizioni lavorative.
L’osservazione passata delle conseguenze nel mondo del Lavoro quando si verificano questi fenomeni ci dice però che per ogni posizione lavorativa che scompare ci sono almeno 5 opportunità che possono materializzarsi.
Quindi tutto bene, “se non farò più il mio lavoro, ne farò certamente un altro”. In realtà non è così semplice. Quelli che perdiamo sono posti di lavoro, oggi esistenti. Quello che ci si prospetta sono nuove opportunità, e tali opportunità non è detto che si sviluppino nello stesso luogo, settore e professione. E’ come se fossimo in un grandissimo anfiteatro e noi italiani, torinesi, milanesi, romani ect.. fossimo seduti da tempo in posti relativamente buoni; improvvisamente poi, o così almeno sembra a noi, questi posti svaniscono. Dobbiamo alzarci in piedi e le nostre gambe, poco avvezze a muoversi, fanno fatica. Dobbiamo cercare e spesso costruirci delle nuove sedie. Dobbiamo fare qualcosa che non siamo abituati a fare, cioè essere disposti a cambiare le nostre abitudini. Speriamo che qualcuno venga a prenderci e ci trasporti nei nuovi posti. Anzi, quello che sogniamo è che qualcuno ci riporti nello stesso posto oppure uno identico a quello di prima. Ma questo non esiste, ci sentiamo perduti e speriamo nei miracoli. In aggiunta a ciò, che già ci sembra tragico, si è pure spostato il palcoscenico (oltre a USA, CEE e Giappone ci sono Cina, India, etc..) e noi non sempre siamo nelle file giuste. Dobbiamo quindi muoverci, o prepararci a farlo. I miracoli quasi mai succedono, ma si possono costruire con un lavoro intenso e mirato.
Da circa 4 anni, dall’uscita definitiva dal mondo Adecco, ho investito come Career Counseling per conoscere il più possibile di questo enorme anfiteatro che è il mercato del lavoro mondiale, per aiutare i nostri clienti, - le persone - a muoversi o prepararsi a farlo, a cogliere e non subire, anche se si è obbligati, le opportunità e a renderle più vicine e più interessanti. Quest’azione è stata utile, istruttiva, ci ha permesso di entrare nei Paesi che contano e in vari universi aziendali, ma non è stato ancora sufficiente.
Oggi abbiamo quindi completato questo per-corso di aiuto e di progettazione dei “miracoli”, comprendendo ed attrezzandoci di conseguenza a sostenere il cliente/persona nel riallineamento delle proprie abitudini. Queste non riguardano noi soltanto, le nostre competenze, conoscenze e la nostra disponibilità, ma riguardano le nostre famiglie, tutta la nostra socialità. Già ricollocarsi e gestire la propria carriera è complesso, ancor più difficile è farlo senza un sostegno. Se aggiungiamo le tematiche che influenzano le nostre relazioni più care diventa impossibile.
Career Counseling, nei propri servizi individualizzati di Outplacement e di Consulenza di Carriera, ha inserito il sostegno a questa parte del cambiamento, che a torto nel passato è stata considerata marginale e fuori dai nostri compiti. Così l’aiuto può essere efficace ed il risultato garantito. Diventare noi esperti, anche esperti della Relazione d’Aiuto, trasmettere ed agire le basi di questa tecnica ai nostri clienti ci permette di vedere il cambiamento del mondo e costruire il nostro con più efficacia, più risultato e meno ansia.
Mario Piccoli

venerdì 22 maggio 2015

Giovani talenti in fuga, per gli stipendi non è sempre un Bengodi: ecco quanto sono pagati gli italiani all'estero


Talenti in fuga. Non sempre nella direzione giusta, però: è proprio vero che, a parità di curriculum, gli under 30 italiani sono pagati di più se tentano la carriera in Germania, Regno Unito o Francia? Dipende. Nelle professioni iper-qualificate, lo stipendio previsto sul mercato tedesco o inglese può schizzare fino al doppio della media italiana. Ma per le figure meno rare, dall'area vendita all'amministrazione, il differenziale si assottiglia fino a un (micro)scarto di 2mila euro che non tiene conto di fattori come tasse e i costi della vita ben più elevati di metropoli come Londra e Parigi. Lo rivela un'analisi svolta per il Sole 24 Ore dall'osservatorio JobPricing. «Sia chiaro: è vero che stiamo prestando il fianco allo “shopping” dei nostri talenti migliori, prede facili delle multinazionali straniere. Ma si tratta pur sempre di figure molto qualificate, in contesti molto competitivi. Se si guarda alle figure più comuni, l'impressione è un'altra: si va all'estero pur di trovare lavoro, anche a costo di de-qualificarsi, perché qui non ci sono opportunità» dice Mario Vavassori, direttore dell'Osservatorio.
Per i professionisti al top 25mila euro in più
Insomma: una polarizzazione netta fra una minoranza di offerte molto più competitive di quelle italiane (l'Istat proprio ieri ha segnato un boom di dottori di ricerca all'estero, il 12,9%) e una quota imprecisata di occupazioni che viaggiano su livelli retributivi non troppo superiori agli standard italiani. Tra i divari più evidenti nelle retribuzioni, JobPricing segnala figure ad alto tasso di specializzazione come gli analisti di programmazione e i project manager. In entrambi i casi, lo sbalzo è tale che riesce difficile non vedere la convenienza di un curriculum inviato a società straniere. Un analista programmatore assunto in Italia guadagna in media 21.300 euro contro i 27mila della Francia, i 33.600 della Germania e i 37.900 (convertiti dalla sterlina) della Gran Bretagna, con l'aggiunta di 2mila euro di scarto da un mercato in genere meno attraente come quello della Spagna (25.300 euro).
Ancora più marcato il differenziale per un profilo in ascesa come il project manager: dalla retribuzione di 26.200 euro prevista in Italia ai 43.300 della Germania e addirittura i 52.200 della Gran Bretagna, passando per il vantaggio più contenuto della Francia (28.800) e il paragone, in questo caso favorevole, con la Spagna (23.300 euro). Niente di nuovo: la “mobilità intellettuale”, per dirla con la definizione dell'Istat, si attiva soprattutto fra le figure ad alto tasso di specializzazione che non trovano sbocchi in Italia. Anche se la prudenza è d'obbligo, perché la trafila di selezione non è tra le più semplici: «È vero che si arriva con una certa facilità 50mila euro, ma sono posizioni molto ambite, anche dai locali. Prendiamo il caso del Project Manager, figura che si sta facendo strada in Italia ma che all'estero è inseguita da candidati con ottimi requisiti. E lo stesso vale per gli analisti programmatori» dice Vavassori.
Dalle vendite all'amministrazione, il gap si restringe
Viceversa, le figure “di massa” prese in considerazione da Job Pricing rivelano scarti più contenuti. E non sempre in linea con il costo della vita fuori dai confini italiani. Secondo l'analisi dell'Osservatorio, un addetto all'amministrazione guadagna 20.200 euro in Italia contro i 22.200 della Francia, i 24.800 del Regno Unito e i 30.700 della Germania. Un addetto all'area vendita incassa una media di 23.700 euro annui contro i 25.100 della Gran Bretagna, i 25.300 della Francia e i 30.400 della Germania. Infine, un venditore sotto contratto in Italia viaggia sui 26.000 euro annui: sono 28.100 in Gran Bretagna, 28.900 in Francia e 33mila in Germania.
Le incognite: costo della vita e tasse
Certo, gli scatti salariali possono garantire rialzi dopo i primi anni di gavetta. Ma, nell'immediato, non si tiene conto né del costo della vita né della tassazione sul reddito per i professionisti più giovani. Per quanto riguarda i costi della vita, una ricostruzione di Numbeo fa notare che nel Regno Unito i prezzi al consumo sono del 19,21% superiori alla media italiana, con un picco del 65,89% nel caso degli affitti. E sul fronte fiscale, i surplus nelle retribuzioni di Francia e Germania “sbattono” comunque su una tassazione – per lavoratori single e senza figli – pari al 45,2% e al 45,1%. In Italia, sempre secondo Job Pricing, si viaggia sul 42,4%.
Ultimo handicap, l'ormai celebre “mismatch”: la differenza tra competenze richieste dal mercato e competenze esercitate (davvero) sul posto di lavoro. Non si lascia l'Italia perché all'estero ci sono offerte più invitanti, ma per mancanza d'alternative. Anche a costo di ridurre le aspettative: «In Italia soffriamo dell'incapacità di far dialogare la domanda all'offerta. È grottesco studiare 5 o 10 anni all'università per non trovare un impiego corrispondente alle proprie competenze - dice Vavassori - È per quello che si va all'estero, si trova un impiego dove qui non c'è. Se si è qualificatissimi e si supera la concorrenza interna, va bene. In caso contrario si accettano impieghi che sono inferiori a quello che si aspetterebbe».


(tratto da "Il sole 24 Ore", n.21 maggio 2015, scritto da Alberto Magnani.)