mercoledì 9 settembre 2015

LA CHIAVE DEL SUCCESSO NELLA RICERCA DEL LAVORO: INTERVISTA A LUIGI CASTRIANNI



Nonostante timidi e contraddittori segnali positivi ricollocarsi è sempre più un’impresa ardua. C’è la crisi, ma ancor di più è cambiato il mondo intorno a noi e noi non siamo preparati a questi cambiamenti. Come possiamo guidare le persone che si rivolgono a noi per essere aiutate? Come renderle più preparate, più forti per affrontare il percorso che porta alla nuova occupazione? Come facilitargli questa strada? Come farli diventare degli “atleti” del colloquio e del successo?
Ne parliamo con uno dei nostri esperti, il Dott. Luigi Castrianni.

Dott. Castrianni, quanto è importante l’attenzione alla persona nel mestiere nella consulenza di outplacement e quali sono le caratteristiche peculiari che un professionista di questo servizio dovrebbe avere?

Il consulente di outplacement deve rispondere ai bisogni del candidato, coinvolgendolo in un percorso di crescita e sviluppo che produca azioni concrete utili alla ricollocazione. La prima azione che il consulente deve mettere in campo è proprio l'attenzione alla persona. Solo in questo modo può esplorare ad alti livelli e mettere a fuoco gli obiettivi da raggiungere. È fondamentale che il servizio sia modellato su un criterio di soggettivizzazione, condiviso con il candidato e orientato al soddisfacimento delle sue ambizioni e aspettative. In Career Counseling puntiamo forte sulla dimensionalità del servizio, tenendo conto di tutte le sfere che influenzano la vita della persona: personale, familiare, relazionale, territoriale e professionale. Il nostro lavoro è trovare soluzioni e, per farlo nel migliore dei modi, dobbiamo lavorare sul candidato a 360 gradi. Così come dobbiamo aiutare le persone a utilizzare le diverse identità del proprio essere per rispondere al meglio alle molteplici e sempre più difficili sfide della vita professionale.

Parlando degli aspetti più interessanti da Lei citati, quelli di “identità”, della “dimensionalità” e della “soggettivizzazione”, ci può citare una Sua esperienza concreta e recente in cui ha utilizzato queste pratiche? Quanto hanno influito sul successo dei percorsi da Lei proposti?

Negli ultimi mesi ho seguito un gruppo di candidati molto eterogeneo con professionalità assai diverse: dal panettiere al project manager, dal contabile all’architetto e dal magazziniere all’informatico. Su tutti, a prescindere da profili e competenze, questo approccio innovativo ha prodotto ottimi risultati, scardinando resistenze e facilitando non poco il raggiungimento degli obiettivi. Le persone colgono il valore aggiunto di queste pratiche che abbiamo scelto come carattere distintivo del nostro servizio; grazie ad esse i candidati si sentono aiutati e seguiti a tutto tondo, lasciandosi guidare all’interno di un percorso di ricollocazione che li vede più coinvolti e in cui investono più energie e risorse. Nel nostro settore l’empowerment è sempre garanzia assoluta di successo.

Cosa si sentirebbe di consigliare ad una persona che si trova oggi nella situazione di doversi ricollocare nel mondo del lavoro?

Il problema che abbiamo in Italia, in questo passaggio storico denso di trasformazioni, è la fiducia nel cambiamento. Troppo spesso il senso comune ci porta alla rassegnazione e ci fa perdere la fiducia, errore assolutamente da evitare. Il concetto di "job for life" non esiste più da tempo. E'
cambiato il mercato del lavoro, ma anche il modo di approcciarsi alla propria carriera. La mobilità tra ruoli, organizzazioni e progetti offre delle opportunità professionali che molti non colgono e che invece dobbiamo essere in grado di trasformare in posti di lavoro. Oggi il consulente di outplacement si trova davanti alla grande sfida di guidare le persone all’interno di questi cambiamenti epocali. Chi cerca lavoro, una volta disegnato un obiettivo professionale, deve perseguirlo con determinazione, proiettandosi nel futuro e liberandosi da credenze e rigidità legate a un passato che non esiste più.

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