Lo studio britannico: è il tempo per scegliere o scartare una persona
Il tuo curriculum per un lavoro?
Lo valutano in soli 8,8 secondi
di Greta Sclaunich
Per decidere se scartare una persona bastano 8,8 secondi. Succede nelle applicazioni di appuntamenti come Tinder, dove si approvano o rifiutano i profili dei potenziali partner in pochi secondi.
Ma succede anche nella ricerca di un impiego: secondo uno studio del National Citizen Service, il programma britannico che offre ai giovani un periodo di formazione e lavoro volontario, gli esaminatori ormai ci mettono meno di 9 secondi per valutare un curriculum vitae. Un processo che il quotidiano The Independent ha definito come «tinderizzazione». Su Tinder, infatti, i profili si compongono solo di foto, nome ed età. Il vero discrimine è la foto: se il potenziale partner piace si va avanti e si controlla l’età, se anche quella va bene allora si guarda il nome (e si approva il profilo).
Se l’analisi per curricula funzionasse allo stesso modo sarei scartata in partenza: nel mio cv non ho inserito la foto. Ad incuriosire gli esaminatori penso basti il mio cognome, straniero e di difficile pronuncia: se anche in Italia valesse la regola degli 8,8 secondi almeno un paio verrebbero spesi nel rileggerlo e nel chiedersi l’origine.
Chissà se noterebbero la «nazionalità italiana» che ho specificato sotto. O se salterebbero subito alle mie esperienze di lavoro all’estero, in Francia e in Bulgaria, che ho sottolineato con il grassetto: magari dedicherebbero un secondo a ognuna. So che colpiscono ma so anche che in pochi leggono i dettagli su Sofia e Parigi: ad ogni colloquio mi è stato chiesto che lavori avessi fatto anche se l’ho sempre ben specificato.
Nessuno invece mi ha mai chiesto l’età o i miei studi, anche se immagino che un secondo potrebbe essere stato dedicato ad un controllo. Né come mi fossi trovata nel ruolo di fondatrice de Il Blaudin, il mensile del mio paese in Friuli lanciato nei primi anni 2000, quando non ero neanche maggiorenne. Però io immagino che questo dettaglio tutti lo guardino: è pur sempre la mia prima collaborazione nell’ambito giornalistico e io mi ci soffermerei per un altro secondo.
Ho riservato poi alcune righe per parlare di me: i viaggi, gli sport che ho praticato, il diploma di musica e i programmi che so utilizzare. Questa parte del mio cv penso sempre che passi inosservata, ma forse, per un secondo al massimo, colpisce il diploma al Conservatorio (che non c’entra niente con tutto il resto). E più di un secondo, forse quel 1,8 che manca per raggiungere il limite, viene speso per controllare con attenzione la lista dei software con i quali ho dimestichezza.
Nel mio curriculum non ho messo altro e l’ho ordinato in modo da riempire una sola cartella Word. Gli 8,8 secondi a mia disposizione a questo punto dovrebbero essere già terminati, ma spero che questo sforzo sia stato apprezzato comunque: il mio cv si guarda con un solo colpo d’occhio.
«Nel nostro ambiente circolano software per eliminare i curricula più lunghi di due pagine», conferma infatti Aldo Magnone, da 10 anni socio di Arethusa, società italiana di ricerca, consulenza e selezione del personale. Ma la «tinderizzazione» da noi non è ancora arrivata. Per Magnone «in media i cv si guardano in 60 secondi, di più se si tratta di profili specifici. Per quelli che indicano competenze di settore, come l’utilizzo di software ingegneristici, richiediamo un secondo esame da parte di esperti». Anche per Giovanni Carbone, associate partner di Carter and Benson (gruppo internazionale partner di agenzie di cacciatori di teste), il tempo medio di valutazione va «dai 30 ai 60 secondi». Ma, sottolinea, «per scartare un cv ne bastano due: per esempio se fa richiesta per un ruolo diverso da quello cercato».
Poche parole chiave e una foto particolare
Si ricorderanno di voi con 8,8 secondi a disposizione la prima cosa da fare è catturare lo sguardo dell’esaminatore: se ci sono esperienze importanti mettete la parola chiave in neretto. Ma attenzione: ne bastano un paio, sennò si annulla l’effetto. Fate un curriculum serio e conciso: non c’è tempo per annoiarsi, né per sfogliare fiumi di pagine. Niente battute alla Checco Zalone. La fototessera tendono a non guardarla. Ma uno scatto che si fa ricordare può essere utile: puntate su ciò che vi rende particolari e, perché no?, se avete un bel profilo provate con una posa da Dama del Pollaiolo. Parlate con le immagini, non con gli aggettivi. Se vi definite espansivi, non farete colpo: meglio citare esperienze da animatore. Puntate sul dettaglio. Se siete sportivi appassionati scrivetelo: vi valuteranno capaci di impegnarvi nelle vostre passioni. Giocate con il formato, come va di moda online: via il solito A4, trovatene uno originale. Non temete di raccontare la vostra personalità social: se avete un blog o un profilo Twitter, inseriteli (senza dimenticare email e cellulare per farvi ritrovare). (Maria Luisa Agnese)
lunedì 26 gennaio 2015
mercoledì 21 gennaio 2015
UNINDUSTRIA TREVISO: "TORNATE A CERCARE LAVORO"
Il presidente Maria Cristina Piovesana rilancia il tema dell'occupazione: "Molte aziende hanno programmi di investimento importanti"
«Per chi, nella rassegnazione, abbia smesso di cercare lavoro, è giunta l'ora di scuotersi. Stiamo percependo un cambio di atteggiamento fra gli imprenditori e ci sono molte aziende con programmi di investimento importanti nel prossimi anni». L'esortazione è giunta oggi dal presidente di Unindustria Treviso, Maria Cristina Piovesana.
Secondo Piovesana vi sarebbe infatti una riaccensione di interesse verso le assunzioni da parte di vari operatori dell'industria anche collegata agli incentivi in termini di decontribuzione Inps previsti dalla legge di stabilità. La disponibilità di denaro a costi molto bassi, inoltre, avrebbe consentito di fluidificare rapporti fra banche ed imprese che negli ultimi anni si erano bloccati. Piovesana ha anche illustrato un programma di 10 progetti che Unindustria Treviso intende affrontare, o, in parte, proseguire, nel mandato 2014-2018. Fra questi spiccano l'intensificazione dei rapporti con le organizzazioni sindacali per la diffusione del modello di «contratto aziendale di secondo livello» proposto nel febbraio del 2011 e rientrante in un'intesa fra le parti nota come «Patto per lo sviluppo di Treviso» e la disponibilità di un nuovo servizio dell'associazione grazie al quale, attraverso l'analisi dei bilanci e un sistema di simulazioni, potrà essere fornito uno «stress test d'impresa» agli associati che lo richiederanno.
Centrale, fra i progetti, anche quello di stimolo ad un riassetto istituzionale in Veneto, in particolare volto ad un «progressivo coordinamento tra l'area metropolitana di Venezia ed i territori di Treviso e Padova». Prevista, infine, anche una ulteriore integrazione del sistema regionale di Confindustria con la messa a fattor comune delle migliori competenze caratteristiche dell'una o dell'altra sede provinciale.
(Tratto da La-cronaca.it, 16 gennaio 2015)
martedì 20 gennaio 2015
NUOVE POSSIBILITÀ GRAZIE A TURISMO E GRANDE DISTRIBUZIONE.
Attenzione ad Ikea che accetta candidature per Firenze.
Il nuovo "piano" Fiat: assume 1500 persone entro l'anno.
"[...]Sempre in ambito alberghiero, poi, ci sono da registrare le offerte del Gruppo Italiana Hotels & Resort che riguardano soprattutto Lombardia, Calabria e Toscana. Le occasioni nella nostra regione riguardano responsabile operativo di strutture, camerieri di sala, capo partita, bagnino, manutentore, segretari di ricevimento, contabili e stagisti. Il tutto su Firenze, per almeno una decina di persone. Per candidature inviare una mail a lavoraconnoi@italiana-hotels.com. Chiude la panoramica sul turismo la ricerca di Birba animazione, agenzia specializzata di Montescudaio, che per la stagione estiva 2015 ha aperto le selezioni per 30 animatori. Gli interessati possono inviare una mail all'indirizzo info@birbaanimazione.com o compilare l'apposito form sul sito www.birbanimazione.com. Grande distribuzione Esselunga e Obi selezionano personale Anche nella grande distribuzioni ci sono possibilità. Esselunga, ad esempio, ricerca allievi direttori di negozio per i suoi punti vendita situati nelle province di Firenze e Lucca. Si tratta di una decina abbondante di posti di lavoro, per lo più riservate a giovani diplomati o laureati che vogliono intraprendere questo tipo di carriera. Per le attuali possibilità, dunque, bisogna tenere d'occhio il portale del gruppo all'indirizzo web Melfi è stata aperta anche un'apposita casella di posta elettronica. Candidature, dunque, all'indirizzo me1fi2015@fcagroup.com. www.esselungajob.it. Per quanto riguarda Obi, invece, sono ancora aperte sul sito le possibilità per candidarsi per l'apertura del nuovo negozio di Prato che dovrebbe portare a una ventina di nuove assunzioni. Il riferimento, in questo caso, è la pagina "lavora con noi" del sito www.obi-italia.it. Ikea riapre le candidature per lo store di Firenze Novità in Toscana per Ikea. Il colosso svedese dell'arredamento, infatti, ha da poco riaperto le candidature spontanee per il suo store di Firenze. Come da politica societaria non sono state rese note le figure ricercate né il numero, ma chi vuole provarci può candidarsi attraverso la pagina "lavorare con il Gruppo Ikea" del sito www.ikea.com/it. Attenzione alla Fiat Assume 1500 persone entro fine anno Novità importanti sul piano occupazionali arrivano dalla Fiat, che assumerà 1500 persone nel 2015. Interessato lo stabilimento di Melfi, che non è dietro l'angolo. Per chi è in cerca di un lavoro in ambito automobilistico, però, le opportunità del gruppo Fca sono sicuramente da prendere in considerazione. Da tenere d'occhio, dunque, la pagina "careers" del sito www.fcagroup.com mentre per le posizioni già aperte a Melfi è stata aperta anche un’apposita casella di posta elettronica. Candidature, dunque, all’indirizzo: melfi2015@fcagroup.com."
( tratto da "Il Tirreno", 20 gennaio 2015)
Attenzione ad Ikea che accetta candidature per Firenze.
Il nuovo "piano" Fiat: assume 1500 persone entro l'anno.
"[...]Sempre in ambito alberghiero, poi, ci sono da registrare le offerte del Gruppo Italiana Hotels & Resort che riguardano soprattutto Lombardia, Calabria e Toscana. Le occasioni nella nostra regione riguardano responsabile operativo di strutture, camerieri di sala, capo partita, bagnino, manutentore, segretari di ricevimento, contabili e stagisti. Il tutto su Firenze, per almeno una decina di persone. Per candidature inviare una mail a lavoraconnoi@italiana-hotels.com. Chiude la panoramica sul turismo la ricerca di Birba animazione, agenzia specializzata di Montescudaio, che per la stagione estiva 2015 ha aperto le selezioni per 30 animatori. Gli interessati possono inviare una mail all'indirizzo info@birbaanimazione.com o compilare l'apposito form sul sito www.birbanimazione.com. Grande distribuzione Esselunga e Obi selezionano personale Anche nella grande distribuzioni ci sono possibilità. Esselunga, ad esempio, ricerca allievi direttori di negozio per i suoi punti vendita situati nelle province di Firenze e Lucca. Si tratta di una decina abbondante di posti di lavoro, per lo più riservate a giovani diplomati o laureati che vogliono intraprendere questo tipo di carriera. Per le attuali possibilità, dunque, bisogna tenere d'occhio il portale del gruppo all'indirizzo web Melfi è stata aperta anche un'apposita casella di posta elettronica. Candidature, dunque, all'indirizzo me1fi2015@fcagroup.com. www.esselungajob.it. Per quanto riguarda Obi, invece, sono ancora aperte sul sito le possibilità per candidarsi per l'apertura del nuovo negozio di Prato che dovrebbe portare a una ventina di nuove assunzioni. Il riferimento, in questo caso, è la pagina "lavora con noi" del sito www.obi-italia.it. Ikea riapre le candidature per lo store di Firenze Novità in Toscana per Ikea. Il colosso svedese dell'arredamento, infatti, ha da poco riaperto le candidature spontanee per il suo store di Firenze. Come da politica societaria non sono state rese note le figure ricercate né il numero, ma chi vuole provarci può candidarsi attraverso la pagina "lavorare con il Gruppo Ikea" del sito www.ikea.com/it. Attenzione alla Fiat Assume 1500 persone entro fine anno Novità importanti sul piano occupazionali arrivano dalla Fiat, che assumerà 1500 persone nel 2015. Interessato lo stabilimento di Melfi, che non è dietro l'angolo. Per chi è in cerca di un lavoro in ambito automobilistico, però, le opportunità del gruppo Fca sono sicuramente da prendere in considerazione. Da tenere d'occhio, dunque, la pagina "careers" del sito www.fcagroup.com mentre per le posizioni già aperte a Melfi è stata aperta anche un’apposita casella di posta elettronica. Candidature, dunque, all’indirizzo: melfi2015@fcagroup.com."
( tratto da "Il Tirreno", 20 gennaio 2015)
lunedì 19 gennaio 2015
STARTUP E CROWDFUNDING: quale futuro hanno in Italia?
Intervista a Marco Bicocchi Pichi
MR: Ad oggi quali sono, secondo lei, i settori più caldi per le Startup?
MBP: Oggi come oggi, sicuramente gli investimenti in piattaforme internet, con particolare riferimento al mobile e nella biotecnologia, sono i più consistenti in Italia, ma non solo. Tuttavia ciò che è davvero fondamentale nel processo di imposizione di un tema – e quindi anche dello sviluppo di un settore – è la forza della comunicazione di business che, periodicamente e soprattutto nell’IT, rinomina e porta in auge tematiche “sempre verdi”.
Ci può fare un esempio?
Qualche anno fa si parlava della Machine to Machine Communications che oggi è diventata Internet of Things o, per dirla come Cisco, Internet of Everything; si parlava di Data Mining e oggi di Big Data. Non voglio dire che non si siano fatti passi in avanti in questi settori perché è vero il contrario, ma semplicemente che c’è un processo di “periodico- ritorno” che si verifica puntualmente, qui come in altri ambiti.
C’è qualche differenza tra Italia e resto del mondo?
A livello internazionale si sta sviluppando sempre di più un tema di hardware, in Italia siamo più focalizzati sull’app economy che necessita di meno finanziamenti. D’altra parte se da noi si fatica già a raggiungere 4 o 5 milioni di euro di raccolta fon- di, figuriamoci arrivare 10 o 15.
Ha ancora senso parlare oggi di un ecosistema locale di startup quando, in realtà, l’ambizione di tantissimi progetti è avere un respiro globale?
In parte sì e in parte no. Un ecosistema in verità è locale per definizione ma deve essere anche connesso come nodo della rete d’innovazione che è invece internazionale. Un ecosistema per definirsi tale deve comunque agire in un contesto sistemico e ad oggi, purtroppo, questo avviene maggiormente in altri Paesi tra cui Inghilterra, Germania, Israele, Francia e naturalmente Stati Uniti. In Germania, ad esempio, il rapporto tra grande industria, startup e università è molto più forte che da noi: se visiti un incubatore a Berlino, a fianco delle startup ci puoi trovare colossi come Siemens, Daimler e Bosch. Questo significa che alla base non c’è l’idea di costruire uno spinoff universitario, ma un vero e proprio luogo di open innovation. Oppure, negli Stati Uniti i professori universitari non sono occupati a fare consulenza in impresa facendosi aiutare da qualche studente ma, viceversa, affiancano l’allievo brillante, aiutandolo a costruirsi relazioni utili e a trovare i finanziamenti necessari per sviluppare il suo progetto.
E in Italia la realtà dei fatti è molto diversa?
Parlare di ecosistema italiano di startup può diventare propaganda se si afferma che già esiste ma è utile continuare a farlo per stimolarne lo sviluppo. Oggi manca spesso il sistema virtuoso di interazione tra le parti. In Italia, quando nasce un incubatore non di rado si dà vita solo a un assemblaggio di muri, senza mentors, senza competenze, senza veri industriali e finanziamenti. Prevale il campanilismo e facciamo troppa fatica a collaborare, a esprimere la capacità di co-opetition ovvero cooperare e competere.
Le startup italiane dovrebbero quindi pensare il loro business al di fuori dei confini nazionali?
Rimanere in Italia a tutti i costi è sbagliato, soprattutto perché oggi il mercato è globale. Una startup può costituirsi nel nostro Paese, anzi possiamo anche dire che nascere in Italia sia una fortuna per di- versi aspetti, ma se si vuole davvero fare un’impresa con ambizioni internazionali e innovazione imprenditoriale si deve puntare a una rapidissima internazionalizzazione. Occorre andare a trovarsi i clienti early adopters perchè gli italiani sono un popolo poco propenso all’adozione dell’innovazione nello stadio iniziale, e questo è vero sia per le imprese che per i consumatori, e occorre accedere ai mercati finanziari più sviluppati.
Qual è la differenza di approccio all’innovazione tra un imprenditore italiano e uno straniero?
Se vado a presentare un prodotto innovativo a un imprenditore nostrano probabilmente la prima cosa che vorrà sapere è se ne ho già venduto un buon numero di “pezzi”. Se faccio lo stesso in un Paese anglosassone l’imprenditore, al contrario, mi chiederà di provare direttamente ciò che gli sto mostrando per capire quali sono i vantaggi competitivi che può avere investendo su quel prodotto prima di altri.
Passando al tema del crowdfunding, quali cambia- menti ha portato nel mondo dell’investimento, anche in startup, rispetto al passato?
Il crowdfunding ha favorito la democratizzazione di strumenti che prima avevano in mano solo pochi Venture Capitalist e Business Angel: la digitalizzazione ha reso un prodotto esclusivo, cioè la possibilità di investire in nuove imprese (e in generale nell’impresa non quotata), un prodotto di massa. Oggi chiunque, dallo studente al piccolo medio imprenditore, può decidere di investire – secondo le proprie possibilità – attraverso una piattaforma web dedicata, su tanti progetti, grazie anche alla facilità con cui in rete è possibile raccogliere informazioni sia sull’impresa su cui si vuole credere, sia sulle persone in carne e ossa che la gestiscono.
Ognuno di noi ora è in potenza un “investitore”. È un passaggio epocale, ha il potenziale di una rivoluzione culturale che può portare la cittadinanza a riconoscere il valore sociale dell’impresa. È interessante a questo proposito il risultato di un sondaggio in Francia, negli ultimi 10 anni i francesi che hanno un opinione positiva dell’impresa sono passati dal 50% al 90%. (http://www.lemon-de.fr/economie/article/2014/11/25/les-sympathisants- du-ps-reclament-plus-de-liberte-pour-les-entrepri-ses_4528695_3234.html)
Quali persone sono e saranno le più propense a trasformarsi in investitori di finanza alternativa?
L’ingrediente necessario per diventare un “consumatore di finanza alternativa” si traduce essenzialmente nella fiducia razionale nel futuro. Occorre avere una certa propensione ad assumere un rischio ragionato, una fiducia nell’ignoto e nell’umanità più alta della media e certamente un certo grado di conoscenza e consapevolezza dei meccanismi di funzionamento del settore e del ruolo dei Business Angel e dei Venture Capitalist. Se una persona che è già abituata a gestire il proprio portafoglio d’investimenti decide di impegnarsi anche sul fronte del crowdfunding quello che dovrà fare è diversificare il modo in cui è abituato a svolgere la propria attività; se, al contrario, nella vita si occupa di altro, almeno all’inizio, farà più fatica a capire i meccanismi e cosa valutare per decidere se fare o meno un investimento. Ma per imparare ci sono molte opportunità, e con il crowdfunding si può “iniziare ad andare in bici con le rotelline” ovvero iniziare a fare sul serio ma con risorse anche limitate.
(pubblicato in data 4/12/2014)
Intervista a Marco Bicocchi Pichi
MR: Ad oggi quali sono, secondo lei, i settori più caldi per le Startup?
MBP: Oggi come oggi, sicuramente gli investimenti in piattaforme internet, con particolare riferimento al mobile e nella biotecnologia, sono i più consistenti in Italia, ma non solo. Tuttavia ciò che è davvero fondamentale nel processo di imposizione di un tema – e quindi anche dello sviluppo di un settore – è la forza della comunicazione di business che, periodicamente e soprattutto nell’IT, rinomina e porta in auge tematiche “sempre verdi”.
Ci può fare un esempio?
Qualche anno fa si parlava della Machine to Machine Communications che oggi è diventata Internet of Things o, per dirla come Cisco, Internet of Everything; si parlava di Data Mining e oggi di Big Data. Non voglio dire che non si siano fatti passi in avanti in questi settori perché è vero il contrario, ma semplicemente che c’è un processo di “periodico- ritorno” che si verifica puntualmente, qui come in altri ambiti.
C’è qualche differenza tra Italia e resto del mondo?
A livello internazionale si sta sviluppando sempre di più un tema di hardware, in Italia siamo più focalizzati sull’app economy che necessita di meno finanziamenti. D’altra parte se da noi si fatica già a raggiungere 4 o 5 milioni di euro di raccolta fon- di, figuriamoci arrivare 10 o 15.
Ha ancora senso parlare oggi di un ecosistema locale di startup quando, in realtà, l’ambizione di tantissimi progetti è avere un respiro globale?
In parte sì e in parte no. Un ecosistema in verità è locale per definizione ma deve essere anche connesso come nodo della rete d’innovazione che è invece internazionale. Un ecosistema per definirsi tale deve comunque agire in un contesto sistemico e ad oggi, purtroppo, questo avviene maggiormente in altri Paesi tra cui Inghilterra, Germania, Israele, Francia e naturalmente Stati Uniti. In Germania, ad esempio, il rapporto tra grande industria, startup e università è molto più forte che da noi: se visiti un incubatore a Berlino, a fianco delle startup ci puoi trovare colossi come Siemens, Daimler e Bosch. Questo significa che alla base non c’è l’idea di costruire uno spinoff universitario, ma un vero e proprio luogo di open innovation. Oppure, negli Stati Uniti i professori universitari non sono occupati a fare consulenza in impresa facendosi aiutare da qualche studente ma, viceversa, affiancano l’allievo brillante, aiutandolo a costruirsi relazioni utili e a trovare i finanziamenti necessari per sviluppare il suo progetto.
E in Italia la realtà dei fatti è molto diversa?
Parlare di ecosistema italiano di startup può diventare propaganda se si afferma che già esiste ma è utile continuare a farlo per stimolarne lo sviluppo. Oggi manca spesso il sistema virtuoso di interazione tra le parti. In Italia, quando nasce un incubatore non di rado si dà vita solo a un assemblaggio di muri, senza mentors, senza competenze, senza veri industriali e finanziamenti. Prevale il campanilismo e facciamo troppa fatica a collaborare, a esprimere la capacità di co-opetition ovvero cooperare e competere.
Le startup italiane dovrebbero quindi pensare il loro business al di fuori dei confini nazionali?
Rimanere in Italia a tutti i costi è sbagliato, soprattutto perché oggi il mercato è globale. Una startup può costituirsi nel nostro Paese, anzi possiamo anche dire che nascere in Italia sia una fortuna per di- versi aspetti, ma se si vuole davvero fare un’impresa con ambizioni internazionali e innovazione imprenditoriale si deve puntare a una rapidissima internazionalizzazione. Occorre andare a trovarsi i clienti early adopters perchè gli italiani sono un popolo poco propenso all’adozione dell’innovazione nello stadio iniziale, e questo è vero sia per le imprese che per i consumatori, e occorre accedere ai mercati finanziari più sviluppati.
Qual è la differenza di approccio all’innovazione tra un imprenditore italiano e uno straniero?
Se vado a presentare un prodotto innovativo a un imprenditore nostrano probabilmente la prima cosa che vorrà sapere è se ne ho già venduto un buon numero di “pezzi”. Se faccio lo stesso in un Paese anglosassone l’imprenditore, al contrario, mi chiederà di provare direttamente ciò che gli sto mostrando per capire quali sono i vantaggi competitivi che può avere investendo su quel prodotto prima di altri.
Passando al tema del crowdfunding, quali cambia- menti ha portato nel mondo dell’investimento, anche in startup, rispetto al passato?
Il crowdfunding ha favorito la democratizzazione di strumenti che prima avevano in mano solo pochi Venture Capitalist e Business Angel: la digitalizzazione ha reso un prodotto esclusivo, cioè la possibilità di investire in nuove imprese (e in generale nell’impresa non quotata), un prodotto di massa. Oggi chiunque, dallo studente al piccolo medio imprenditore, può decidere di investire – secondo le proprie possibilità – attraverso una piattaforma web dedicata, su tanti progetti, grazie anche alla facilità con cui in rete è possibile raccogliere informazioni sia sull’impresa su cui si vuole credere, sia sulle persone in carne e ossa che la gestiscono.
Ognuno di noi ora è in potenza un “investitore”. È un passaggio epocale, ha il potenziale di una rivoluzione culturale che può portare la cittadinanza a riconoscere il valore sociale dell’impresa. È interessante a questo proposito il risultato di un sondaggio in Francia, negli ultimi 10 anni i francesi che hanno un opinione positiva dell’impresa sono passati dal 50% al 90%. (http://www.lemon-de.fr/economie/article/2014/11/25/les-sympathisants- du-ps-reclament-plus-de-liberte-pour-les-entrepri-ses_4528695_3234.html)
Quali persone sono e saranno le più propense a trasformarsi in investitori di finanza alternativa?
L’ingrediente necessario per diventare un “consumatore di finanza alternativa” si traduce essenzialmente nella fiducia razionale nel futuro. Occorre avere una certa propensione ad assumere un rischio ragionato, una fiducia nell’ignoto e nell’umanità più alta della media e certamente un certo grado di conoscenza e consapevolezza dei meccanismi di funzionamento del settore e del ruolo dei Business Angel e dei Venture Capitalist. Se una persona che è già abituata a gestire il proprio portafoglio d’investimenti decide di impegnarsi anche sul fronte del crowdfunding quello che dovrà fare è diversificare il modo in cui è abituato a svolgere la propria attività; se, al contrario, nella vita si occupa di altro, almeno all’inizio, farà più fatica a capire i meccanismi e cosa valutare per decidere se fare o meno un investimento. Ma per imparare ci sono molte opportunità, e con il crowdfunding si può “iniziare ad andare in bici con le rotelline” ovvero iniziare a fare sul serio ma con risorse anche limitate.
(pubblicato in data 4/12/2014)
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